Presentazione al corso sul giornalismo organizzato da ACU del nuovo romanzo di Federika Brivio sui trapianti in collaborazione con AIDO Brugherio
La forza della vita e il coraggio della donazione hanno coinvolto emotivamente il pubblico nell’incontro di sabato 28 gennaio alla Clerici Academy organizzato da Acu. L’occasione è stata la presentazione del nuovo romanzo “84 cm² di Noi” dell’attrice e scrittrice Federika Brivio ospite del Corso sul giornalismo tenuto da Claudio Pollastri. La figlia di quel Roberto Brivio fondatore dei Gufi che faceva “el mesté de fa ridd la gent“ ha spiegato con commovente lucidità il motivo profondamente personale che l’ha spinta a raccontare questa storia allo stesso tempo romantica e struggente dove due giovani Luca e Ludovica detta Ludo si trovano ad affrontare il problema del trapianto di un organo (il titolo si riferisce alla dimensione media di un rene).
“Dietro un storia di fantasia c’è una storia vera, la mia”, ha rivelato Federika che, nonostante la capacità di fingere da brava attrice qual è non è riuscita a mascherare l’emozione di rivelare che si tratta della propria esperienza personale di donatrice di un rene al marito Massimiliano. “Questo libro vuole essere un messaggio diretto ai lettori di tutte le età, in particolare ai giovani per sensibilizzarli alla donazione di organi, a essere consapevoli che l’assenso a questo piccolo grande gesto cambia l’esistenza di tantissime persone. Non si deve necessariamente arrivare a compiere una scelta estrema e profondamente sofferta come la mia. Una decisione forte con momenti difficili che sono riuscita a superare grazie alla preghiera”.
”Solo l’amore con la A maiuscola può portare a un gesto di grande altruismo come quello di mia moglie – ha spiegato con la voce segnata da una commozione così intensa da bloccargli a tratti la parola Massimiliano Tarasconi, avvocato e testimonial della compagna a favore dei trapianti – un atto che mi ha salvato la vita e che ci ha uniti in un legame spirituale e umano che durerà per sempre. E’ il motivo che mi spinge a intervenire con una partecipazione speciale a questi incontri che promuovono il libro ma servono soprattutto a sensibilizzare la gente ad avere il coraggio di un gesto di intensa generosità verso il prossimo”.
L’incontro ha evidenziato il problema delle donazioni in Italia (11.500.000 nel 2022 con una forte differenza tra Nord e Sud) fornendo anche alcune curiosità (l’organo più trapiantato è il fegato) e importanti chiarimenti su procedure che hanno riservato sconvolgenti sorprese. Come l’assenso al trapianto al momento di richiedere la carta d’identità. “Pochissimi sanno – ha spiegato Guerrina Frezzato, Vice Presidente del Gruppo AIDO di Brugherio – che se anche si dà il proprio consenso sulla carta d’identità basta che un figlio o il coniuge si opponga perché il trapianto venga bloccato”.
Entrando nello specifico di Brugherio dove i consensi nel 2022 sono stati circa 4.000 di cui 1.700 iscrivendosi all’Aido, 2.200 all’anagrafe e il rimanente compilando un modello all’Asl. “I risultati della nostra città sono incoraggianti – ha commentato la Vice Presidente – ma si deve continuare a sensibilizzare la gente verso un gesto che può salvare una vita destinata altrimenti a spegnersi. Spesso si tratta di una questione culturale perciò si deve portare il più possibile il messaggio nelle scuole. Ma non basta. Sarebbe molto utile che fosse ammessa, come avviene in molte città limitrofe, la presenza di un nostro rappresentante all’anagrafe per illustrare le iniziative Aido. L’informazione aiuta a capire e quindi a decidere per il meglio. E cosa c’è di meglio che salvare una vita?”.
NELLA FOTO:
CLAUDIO POLLASTRI, FEDERICA BRIVIO, GUERRINA FREZZATO (vice presidente AIDO) MASSIMILIANO TARASCONI, MAURIZIO FANTINI (presidente ACU)
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Il “mio” Papa Emerito
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“S dnem rozhdeniya, Mikhail”. Come ogni anno invio gli auguri di Buon Compleanno a Gorbaciov. Che come ogni anno mi risponde. Quest’anno spegne, se ce la fa, 91 candeline. E’ nato a Privol’noe, Russia, il 2 marzo 1931. Leggo “Spasibo”, grazie, e penso “chissà se anche Putin gli avrà fatto gli auguri?”. E poi “chissà cosa pensa l’Uomo della Glasnost e della Perestrojka di quello che sta succedendo in questi giorni?”. E ancora “come mai nessuno glielo chiede?”.
Ricordo l’incontro con Gorbaciov a Milano il 1° dicembre 1989 assieme alla moglie Raissa. Sorridente, disponibile con i fotografi. Aveva la pacata consapevolezza di chi è conscio, senza ostentarlo, di avere scritto una pagina fondamentale di storia mondiale. Anche lo sguardo era trasparente con la fierezza russa di avere fatto qualcosa per il suo popolo.
Portato alla battuta, anche se sempre filtrata dal cupo umorismo del Don, non incuteva soggezione anche se, standogli a due passi, si percepiva la grandezza delle sue imprese. Ma non doveva dimostrare nulla. La storia, quella con la S maiuscola, parlava per lui.
Più di vent’anni dopo, il 26 aprile 2010, avevo incontrato Vladimir Putin ospite dell’allora Premier Silvio Berlusconi a Lesmo, nella settecentesca Villa Gernetto sede della nascente Università della Libertà, dove era stato invitato a tenere la prima lezione. Allora, dodici anni fa ma sembra un‘era geologica, i due uomini di Stato erano amici e non lo nascondevano.
Berlusconi lo salutava con pacche aperte sulle spalle e Putin rispondeva con un sorriso chiuso dei suoi, lui che non sa sorridere e al massimo fa una smorfia stiracchiata.
Stare a tu per tu con Vladimir Putin era come vederlo in televisione. Se poi pensavo che avevamo la stessa età (è nato a San Pietroburgo il 7 ottobre 1952) cadevo in depressione. Soprattutto quando proclamava “Io, qui, sono la Russia”.
E riflettevo “e io, qui, chi sono?”. E poi precisava a fior di labbra sottili e allungate “io e Berlusconi siamo amici ma in politica e negli affari non basta l’amicizia”. Tutto con la voce metallica che suscitava qualche brivido come lo sguardo impenetrabile azzurro-acciaio.
Poco disponibile con i fotografi, si concedeva solo ai flash accanto a Berlusconi che ricambiava con sorrisi abbaglianti. Ma nessuna posa con i giornalisti. Anche davanti alle battute spiritose del Cavaliere (forse per difetto di traduzione) lasciava intuire un certo distacco. Lo stesso che manteneva durante la conferenza-stampa, nemmeno dopo il caloroso applauso per avere partecipato alla ricostruzione di Palazzo Ardighelli e della chiesa di San Gregorio Magno distrutti dal terremoto dell’Aquila del 2009.
Quando gli era stato chiesto se avrebbe assistito alla Messa di inaugurazione della chiesa come aveva dichiarato il Premier, aveva risposto con un sorriso dei suoi, lui che non sa sorridere e al massimo fa una smorfia stiracchiata.
Putin con Berlusconi nel vertice del 2010
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Il dialogo del cuore: George Clooney
Per George Clooney la beneficenza è più che mai una questione di cuore “ho conosciuto mia moglie a un evento di solidarietà”.
Dopo il sì all’avvocatessa Amal Alamuddin la coppia si è dedicata a opere umanitarie. Due cuori e una fondazione, la Clooney Foundation for Justice “per combattere ogni sopruso”. Una nobilissima causa che merita un weekend in sua compagnia: infatti ha messo all’asta un soggiorno nella sua villa di Laglio sul Lago di Como con la premessa autoironica “ma attenzione, non sono granché come padrone di casa!”.
Lo è invece in fatto di generosità: 250.000 dollari a The Motion Picture and Television Fund, Sag-Aftra Fund e Los Angeles Mayors Fund “per aiutare chi ha bisogno”. E ancora: 100.000 dollari per gli sfollati dopo l’esplosione del porto di Beirut “un dramma”. Altri 300.000 dollari alla Banca del Cibo Libanese “c’è ancora chi muore di fame”. Si muore anche di pandemia: 1 milione di dollari alle associazioni che si occupano del Covid-19 “anche ad alcuni ospedali della Lombardia, dove vivo”.
La stessa profonda sensibilità che l’aveva spinto a partecipare alla maratona televisiva Hope for Haiti per raccogliere 56,4 milioni di dollari “il popolo di Haiti aveva bisogno di noi”.
L’amicizia non ha prezzo per Clooney, anzi ce l’ha: esattamente 1 milione di dollari che ha regalato ai suoi 14 amici più stretti “mi hanno aiutato quando ero al verde”.
Un posto speciale è riservato ai più piccoli e indifesi: 3 milioni di dollari raccolti assieme a Unicef, Hewlett Packard e Google per 3.000 bambini siriani “potranno andare a scuola”.
E siccome il bene è diffusivo, anche i due figli della coppia, i gemelli Ella e Alexander si stanno dimostrando attenti al prossimo. “A Natale – ha spiegato l’attore – ciascuno mi ha offerto il suo giocattolo più bello da regalare a chi non ha niente”.
Nella generosità dei Clooney c’è un angolino anche per gli animali. La coppia, che ha due cocker e una trovatella, ha risposto subito al SOS dell’associazione Camp Cocker Rescue per salvare 9 cuccioli abbandonati in una discarica di Los Angeles “come resistere a tanta tenerezza?”.
Certe risposte arrivano solo dal cuore.
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Il dialogo del cuore: Gianni Morandi
Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
“Apri tutte le porte” ha cantato Gianni Morandi al Festival di Sanremo conquistando il 3° posto (ha vinto la serata-cover con Jovanotti). Ed è anche il sentiment che lo ha sempre guidato “me l’ha insegnato mio padre, soprattutto verso gli amici”. Lo sa bene Pupo al quale aveva prestato senza garanzie 100.000 euro, restituiti dopo anni, “li consideravo ormai regalati”.
Con l’entusiasmo dell’eterno ragazzo ama mettersi in gioco. E lo fa dal 1981 con la Nazionale italiana cantanti “la vera partita è contro le ingiustizie”.
Da calciatore a cameriere. Grembiule bianco e sorriso d’ordinanza ha servito gli invisibili al Pranzo di Natale alle Cucine popolari di Bologna “ho capito cos’è l’amore per il prossimo”. E poi, a cento all’ora, verso Assisi per partecipare alla maratona organizzata dai frati francescani “per le famiglie in difficoltà a causa della pandemia”.”
La beneficenza può avere il gusto di un gelato. Gianni ha distribuito coni solidali in via Galleria a Bologna per sostenere Ail e Ant, due associazioni che combattono il cancro “erano tutti sorpresi”. Com’era sorpreso il pubblico di Napoli vedendolo all’improvviso al concerto per aiutare il poliziotto in coma Fabio Graziano “un’emozione particolare”.
Erano particolari anche le emozioni vissute alla maratona “Corri la vita” di Firenze per sostenere le associazioni contro il tumore “un traguardo di speranza”. La stessa che ha sentito visitando il centro storico di Camerino dopo il terremoto “penso a chi ha dovuto abbandonare tutto”.
E poi ancora e ancora. Un elenco di gesti generosi più lungo dei suoi numerosissimi successi “basta che uno su mille ce la fa per continuare a sperare in un mondo d’amore.
Il giorno di Natale, Gianni Morandi lo ha trascorso a servire alle Cucine popolari di Bologna
La beneficenza può avere il gusto di un gelato. Gianni ha distribuito coni solidali in via Galleria a Bologna per sostenere Ail e Ant, due associazioni che combattono il cancro “erano tutti sorpresi”. Com’era sorpreso il pubblico di Napoli vedendolo all’improvviso al concerto per aiutare il poliziotto in coma Fabio Graziano “un’emozione particolare”.
Erano particolari anche le emozioni vissute alla maratona “Corri la vita” di Firenze per sostenere le associazioni contro il tumore “un traguardo di speranza”. La stessa che ha sentito visitando il centro storico di Camerino dopo il terremoto “penso a chi ha dovuto abbandonare tutto”.
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Gianni Agnelli, l’avvocato che non sapeva amare
Il 24 gennaio 2003 moriva a Torino, dov’era nato il 23 marzo 1921, Gianni Agnelli. Aveva quasi 83 anni. Se ne andava una figura unica nel panorama imprenditoriale, sportivo e culturale italiano. Era un’icona di stile e molti “vestivano alla Agnelli” imitandone il vezzo di indossare, per esempio, l’orologio sopra il polsino della camicia. Ma l’Avvocato, come veniva chiamato anche se non era mai entrato in un’aula di tribunale, occupava una posizione glamour anche nel jet-set internazionale con le frequentazioni mondane di personaggi come Kissinger e i Kennedy, soprattutto Jaqueline.
Molti hanno scritto e scriveranno su di lui, specialmente oggi. Senza annoiare troppo vorrei aggiungere un ricordo personale che mi aveva profondamente colpito anche se non riuscirò a ricreare quell’atmosfera a tratti surreale perché – come cantava Celentano – le emozioni non hanno voce.
Era un sabato pomeriggio della metà di dicembre del 2000. Una luce lattiginosa riverberata dai piccoli cristalli della neve dipingeva Torino in una luce più fredda del solito. In un teatro cittadino si celebrava la funzione laica del trigesimo della morte, rimasta sempre avvolta dal mistero, di Edoardo Agnelli avvenuta il 15 novembre dal viadotto Generale Franco Romano dell’autostrada Torino-Savona dalle parti di Fossano. Un volo di ottanta metri metteva la parola fine alla vita controversa del primogenito dell’Avvocato che aveva fallito i numerosi tentativi di prendere il comando dell’Impero di famiglia. Gli organizzatori di quell’incontro volevano ricordare la sensibilità frastagliata di Edoardo con la lettura delle sue poesie dove riversava il proprio disagio esistenziale con strofe che riuscivano a scorticare l’anima.
Per un giro intricato che non vi sto a spiegare avevo un posto in prima fila a poche poltrone di distanza dall’Avvocato. Che aveva promesso di presenziare senza però darne la certezza. “Forse non se la sentirà psicologicamente”, commentavano in modo preventivo gli organizzatori temendo una defezione che col passare dei minuti diventava quasi certa.
Ma ecco il colpo di scena com’era nello stile dell’Avvocato. Che due minuti prima dell’inizio era entrato da solo nel teatro ed era venuto diretto verso la poltrona che gli era stata riservata con andatura claudicante per i numerosi infortuni sciistici ma non sofferta per l’atmosfera della ricorrenza. Il volto scavato dalle rughe che tutti avevano imparato a conoscere dalle copertine dei magazine internazionali non sembrava tradire suggestioni particolari. L’espressione impenetrabile dietro una maschera di marmo era la stessa di quando l’avevo intervistato in due occasioni per la Fiat e la Juventus. Una sfinge. E di quella sfinge volevo scoprire le sfumature, le ombre, le lacrime che avrebbero avuto la forza di scendere. Osservavo il viso dal profilo antico dell’Avvocato mentre nel teatro riecheggiavano i versi disperanti del figlio che si era da poco tuffato in un destino drammatico verso il quale si sentiva intimamente chiamato da tempo.
Le angosce, le speranze subito trasformate in delusioni, l’anelito estremo che Edoardo aveva affidato a quelle strofe struggenti denunciavano il bisogno urlato di aiuto, di mancanza di affetto, di astinenza patologica d’amore paterno che un pacchetto di azioni quotate in borsa non potevano sostituire perché la borsa dei sentimenti non ha prezzo o è talmente alto da pagarlo con la vita.
Nei venti minuti della lettura rivelatrice di una tragedia intimista rimasta inascoltata l’Avvocato era rimasto immobile, senza l’ombra di una partecipazione apparente, né il gesto spontaneo di asciugare una lacrima. Una rigidità esteriore che probabilmente mascherava una tempesta di rimpianti trasformati col tempo in rimorsi verso un figlio così diverso da come l’avrebbe voluto ma così determinato ad andarsene in agghiacciante solitudine rovinando sulle sponde sassose del fiume Stura di Demonte per non continuare una vita che non sentiva sua e che non era più disposto a barattare con l’ipocrisia delle apparenze.
Alla fine del viaggio pubblico nell’animo privato di Edoardo, l’Avvocato si era alzato e sul suo volto non leggevo la sofferenza di avere assistito al testamento morale e all’accusa personale di suo figlio verso un mondo soprattutto familiare che non si era sforzato di capirlo e accettarlo.
Adesso padre e figlio riposano l’uno di fronte all’altro nella monumentale cappella di famiglia del cimitero di Villar Perosa.
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Il Dialogo del cuore:
Roberto Benigni
Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
D’oro non ha solo il Leone alla Carriera che stringe orgoglioso tra le mani. Ha il cuore. Magari velato per pudore dalla risata dissacrante di eterno giullare. Roberto Benigni ha voluto dedicare la prestigiosa statuetta ricevuta alla 78^ Edizione della Mostra del cinema di Venezia alla moglie Nicoletta Braschi “questo premio è tuo. Io mi prendo la coda, le ali sono le tue…”. E poi, senza spegnere il sorriso rubato a Pinocchio, ha aggiunto un romantico crono-complimento “conosco solo una maniera di misurare il tempo, con o senza di te”.
Roberto Benigni ha dedicato alla moglie Nicoletta Braschi il Leone d’Oro alla Carriera “questo premio è tuo. Io mi prendo la coda, le ali sono le tue…”.
Binomio indissolubile nel privato e sul set conclamato in mondovisione durante la premiazione del doppio Oscar del 1999 per LA VITA E’ BELLA “mia moglie non è solo la mia musa, ma è una grandissima attrice, per questo la scelgo“. Un grazie planetario per avergli ispirato il film che più di ogni altro conferma la profonda sensibilità verso la sofferenza dei bambini.
Un’intensa partecipazione emotiva che si concretizza nel volontariato silenzioso verso alcuni ospedali pediatrici come l’istituto Meyer di Firenze “la vera beneficenza è silenziosa” o Villa Ognisanti dove da vero comico aveva salito gattoni la scalinata per strappare un tenue sorriso ai baby-pazienti “sono venuto per una visita”.
Visita simbolica ma con la donazione concreta di un manoscritto originale per contribuire all’asta benefica Batti un colpo se ci sei a favore della clinica pediatrica De Marchi di Milano organizzata dalla onlus Amici del bambino malato che sostiene l’attività pediatrica di diagnosi e cura in Italia e nei Paesi in via di sviluppo “il dolore dei bambini non ha confini”.
Un “ex ragazzo ancora ragazzo” capace di dare una scossa all’ipocrisia dei benpensanti pescando il senso della prossimità dalle proprie radici popolane “ringrazio di essere nato povero così capisco meglio chi soffre”. Lo capisce. E lo aiuta. Partecipando ad esempio alla mostra organizzata a Palazzo Piepoli di Bologna a favore dell’IRST, un istituto di ricerca sui tumori di Meldola, vicino a Forlì.
La beneficenza non conosce né orari né location. Anche partecipare a una cena può alimentare una causa umanitaria. Come a Torino, organizzata dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ONLUS “piatto forte? L’altruismo”.
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Quella Notte di Capodanno che volevo fare a pugni per difendere Fratel Ettore
La Notte di Capodanno, in qualsiasi posto mi trovi, penso a trent’anni fa quando avevo salutato il Nuovo Anno a Casa Betania delle Beatitudini di Seveso accanto a Fratel Ettore (al secolo Ettore Boschini). Accompagnare il “padre dei poveri” nel pellegrinaggio notturno in cerca di anime perse da riportare all’ovile, disperati da consolare, ammalati da aiutare, mi aveva fatto trovare la risposta ai dubbi che avevo sempre avuto su come sono i santi …
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Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri.
Il dialogo del cuore: Cecilia Strada
Un dolore composto. E doppio. “Soffro per mio padre e per l’Afghanistan”, commenta senza cedere al pianto Cecilia Strada, figlia di Luigi, detto Gino, il medico di Sesto San Giovanni fondatore di Emergency stroncato a 73 anni da problemi di cuore, dopo che per una vita era andato proprio dove lo portava il cuore, al di là delle leggi disumane oltre le barriere ideologiche “l’Afghanistan era una sua seconda patria, vi aveva fondato tre ospedali e mi dicono che sentono la sua mancanza”. E poi aggiunge col tono determinato di autentico marchio-Gino-Strada “non si fermano le guerre con altre guerre, mi ripeteva. I fatti di oggi gli danno drammaticamente ragione. Ma adesso basta lacrime, mi avrebbe spronato, bisogna ricominciare a costruire, salvare vite umane”.
La storia di Cecilia è legata a doppio filo (chirurgico) a Emergency “una specie di fratello minore”. Qualche anno fa ha sentito la necessità di staccarsi “seguendo sempre l’insegnamento umanitario”. Pronta a tendere una mano a chi chiede aiuto, Cecilia era su una nave (Resq People ndr) che aveva salvato centinaia di migranti quando le era giunta la notizia della morte del padre “sentivo di essere nel posto giusto dove lui mi avrebbe voluto vedere”.
S’affaccia un velo di tristezza nello sguardo rubato a Gino se accenna alle testimonianze di stima “se stava in ospedale erano tutti dalla sua parte. Ma se raccontava quello che vedeva nelle terre devastate dalle guerre diventava scomodo. Da emarginare”.
La voglia di tenerezza di una figlia devota affiora quando lo ricorda come viaggiatore instancabile e papà premuroso “al ritorno dalle missioni all’estero aveva la valigia piena di regali. Ma poi era irrequieto. Voleva ripartire. Subito”. Come lei, Cecilia. Che è pronta a ripartire per la sua nuova strada. “STRADA LUIGI… magari gli dedicassero una via!”. Lo dice col sorriso. Ma soprattutto col cuore.
Gino Strada, stroncato a 73 anni da problemi di cuore, dopo che per una vita era andato proprio dove lo portava il cuore
Gino Strada con la figlia Cecilia
Cecilia Strada era sulla nave Resq People che ha salvato centinaia di migranti quando le è giunta la notizia della morte del padre.
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Happy Birthday (ma anche Buon Compleanno) a Madonna, nome d’arte di Louise Veronica Ciccone che festeggia 63 anni. Di origini italiane (il padre, Silvio, era abruzzese di Pacentro) è nata a Bay City, Michigan, il 16 agosto 1958. Semisconosciuta, ha debuttato in Italia il 20 ottobre 1983 registrando in playback “Holiday” nella discoteca BIGGEST di Samassi, Cagliari, per lo show di Raiuno DISCORING.
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L’uomo più veloce del mondo
Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
L’uomo più veloce del mondo (anche nella staffetta 4×100) desiderava solo volare dai suoi tre figli, Jeremy, Anthony ma soprattutto Megan l’ultima arrivata che gli ha dato la carica per arrivare primo alle olimpiadi di Tokyo “le ho dedicato questa impresa”.
Marcell Jacobs bacia la medaglia dei 100 metri, primo oro italiano in questa specialità
Già, perché quella di Marcell Jacobs è un’impresa mai riuscita a un italiano: salire sul podio più alto dei 100 metri piani che in realtà sono stati pieni di ostacoli. Affrontati con la determinazione di farcela e la capacita di cambiare specialità quando intuiva che la sua medaglia poteva essere altrove. Magari in una corsia olimpica dove conquistare l’oro. Che merita anche nella gara dell’altruismo, del donarsi agli altri. Non con cimeli. Ma con l’esempio. Infatti Marcell arriva di corsa in tutti i posti dove lo chiamano, oratori, scuole, campi sportivi, associazioni di volontariato per dimostrare che la sua grandezza è soprattutto dentro e dare ai ragazzi la possibilità di sfidarlo e magari batterlo “leggo nei loro occhi una gioia che non ho mai provato alla loro età”.
I 4 medaglia d’oro della staffetta 4×100: Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Eseosa Desalu, Filippo Tortu
Storie di tutti i giorni, a un amen dalle favole a lieto fine, che hanno conquistato UNICEF Brescia tanto da indicarlo come esempio per i ragazzi “una specie di padre sportivo”. Bella soddisfazione per uno che il padre non l’ha quasi conosciuto “avevo un mese quando mi ha lasciato per partire per una missione”. A Tokyo è tornato, almeno al telefono “non me l’aspettavo”, mi ha confidato il Figlio del Vento con un velo di commozione nello sguardo di chi ha sempre affrontato la vita a muso duro. Di tenero c’era il sorriso di mamma Viviana che l’ha cresciuto da sola “senza di lei non sarei qui”.
Una dedica che arriva direttamente dall’anima dove germogliano sentimenti che forse odorano d’antico ma che meritano il podio più alto dei valori umani. Dove Marcell è il numero uno. Un vero campione. Planetario.
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“Mi sentivo persa per le vie di Roma quando ho incontrato Dio. Da quel giorno la mia vita è cambiata. Era come se fossi ritornata dal mondo delle tenebre e avessi rivisto la luce, quella che ti sa riempire la vita e dà un significato speciale a ogni giorno della tua esistenza”.
Inizia così il cammino di conversione di Claudia Koll, attrice lanciata da Tinto Brass, prima dell’incontro con la fede.
“Era un periodo in cui mi alzavo la mattina e non avevo voglia di niente, la mia vita era vuota e cercavo un pretesto per andare avanti”. Una spinta per guardare a un futuro di speranza che non arriva nemmeno dalla carriera che stava toccando il vertice della popolarità. “la mia attività artistica aveva avuto un’impennata notevole, popolarità e soldi mi accompagnavano, tutti mi cercavano specialmente dopo il Festival di Sanremo accanto a Pippo Baudo. E poi fiction Rai con Nino Manfredi e film impegnati. Mi sentivo realizzata”.
Recitare era il suo sogno di bambina e per realizzarlo, contro il parere dei genitori, aveva cambiato cognome avventurandosi in un ambiente dove è facile lasciarsi affascinare dalle illusioni e dove pochi riescono a sfondare “dopo la solita gavetta che tutte le ragazze devono fare per entrare nel mondo del cinema, ecco l’occasione che ti toglie dall’anonimato per lanciarti nello star-system. Interviste sui giornali, servizi fotografici, trasmissioni televisive. Il gioco mi piaceva, in fondo era quello che avevo sempre sognato”.
Il successo artistico però non va di pari passo con la vita privata “mi ubriacavo di premi, applausi, interviste, ingaggi prestigiosi, tournée fortunate per riempire un vuoto interiore che si andava sempre più dilatando come una voragine e cercavo di capire perché. L’etichetta di attrice sexy legata a quel film era ormai ampiamente superata e non mi pesava parlarne, anzi avevo conquistato così tanti consensi di critica e di pubblico che potevo permettermi di riderci su. Eppure non mi sentivo mai a posto, non dico felice, ma nemmeno appagata o serena. Neanche l’amore delle persone che incontravo riusciva a rendermi felice, a distogliermi da un’ossessione che col tempo diventava angosciante”.
Un bisogno intimo di consigli per cambiare il corso stanco della propria vita ma non sa dove trovarli “passavo davanti alle chiese e, mentre prima quasi non ci facevo caso e tiravo avanti per la mia strada, sentivo una specie di richiamo, la necessità di entrare ma non volevo piegarmi a quella sensazione per me molto strana. La carriera procedeva con un successo sempre più crescente com’era crescente il vuoto dentro da non poterne più. Sentivo che avevo bisogno di un segno forte che scuotesse la mia vita, di un incontro che mi cambiasse l’esistenza”.
Era così lontana dalla fede da credere che l’incontro sarebbe stato esclusivamente umano “un uomo, un amore travolgente, una persona che sapesse riempirmi i giorni e le notti. Perché era la notte il momento più drammatico, quando rientravo a casa e cominciavano i bilanci di quello che avevo fatto durante la giornata e in che modo mi ero arricchita spiritualmente e umanamente”.
La conclusione era sempre la stessa: deprimente e desolante, piena di noia e disperazione “riuscivo a mascherare il vuoto che avevo dentro e l’angoscia di non sapere come riempirlo con grandi sorrisi, duro lavoro e impegno estenuante nella professione per colmare con gli applausi un vuoto dentro che mi raggelava il cuore”.
Il limite di guardia lo raggiunge quando si accorge di non riuscire a mascherare la noia dell’ambiente che la circonda e il senso di vuoto pneumatico delle feste a cui partecipa o gli incontri con le persone del suo ambiente che pure le piace “sentivo che stavo precipitando sempre di più in un buio assoluto dove mi sentivo sola e persa e dove nessuno riusciva o forse poteva tendermi una mano per salvarmi o per tirarmi fuori. Sentivo di non farcela da sola, di precipitare sempre di più verso un baratro che vedevo avvicinarsi in modo inarrestabile. Una notte credetti che il fondo fosse lì, a due passi, e mi stavo incamminando per raggiungerlo quando si era accesa la luce che mi indicava il cammino”.
Quella luce era Dio e attraverso la fede la spingeva verso la risalita, che non è stata facile “iniziare un percorso di fede provenendo da un mondo dove si vive di apparenze e tutto dev’essere superficiale e bruciato in pochi secondi comportava degli sforzi enormi che non credevo di riuscire a superare. Ero scettica perché non contavo sulla forza della fede, non potevo immaginare la carica che riesce a dare la fiducia in Dio, la forza propulsiva della preghiera che sa abbattere ogni timore e ogni ostacolo”.
L’incontro con Dio nello smarrimento del peccato è avvenuto con la forza devastante dell’innamoramento totalizzante che aveva messo per sfondare nel cinema “il mio non è un carattere di mezze misure, quando scelgo una strada la percorro con la determinazione compulsiva di chi deve arrivare al traguardo subito e in modo completo. Così è avvenuto con la fede, un incontro basato sull’amore coinvolgente che non ammette altre distrazioni, ti prende tutto per sé e ti costringe a scelte drastiche: o fuori o dentro. E io non ho potuto che dire di sì a una chiamata così forte, appagante, esclusiva”.
Si avvicina alla Chiesa, ai sacramenti, cambia completamente stile di vita, non rinunciando però al suo lavoro che le è sempre piaciuto svolto con altri parametri e con altre scelte di ruoli “ma sentivo che non era sufficiente, Dio voleva molto di più da me perché la forza con la quale mi aveva teso la amano verso il baratro non doveva restare soltanto dentro me e non poteva servire soltanto a salvare la mia anima. Dio mi chiedeva di testimoniare la mia gioia, coinvolgere più gente possibile nel mio percorso di fede, raccontare al mondo come si vive bene vicino a Dio e come non ha senso stargli lontano perché ogni successo umano non ha senso se non c’è la sua presenza”.
Capiva che dentro di sé stava maturando uno spirito missionario particolare, una scelta di proselitismo fatto di ribalta e di spettacoli per testimoniare anche tra gli attori come può cambiare l’incontro fatale della tua vita. Ha continuato a recitare scegliendo copioni che servissero a raccontare la presenza di Dio, intervenendo a convegni e incontri dove la sua partecipazione ha un significato apostolico “so benissimo che la gente viene agli incontri soprattutto per verificare come si è trasformata un’attrice senza censure in una donna serena e appagata nell’amore di Dio. Ma non importa perché quello che conta è che siano lì ad ascoltarmi. In quei momenti mi sento sicura perché so che Dio mi aiuta a trovare le parole giuste per arrivare al cuore della gente, la calma che trasmette a tutti serenità”.
Riesce anche a rispondere con serenità a certe domande – per la verità sempre meno – che le vengono rivolte sul suo passato “mi servono anzi per confermare che quando Dio ti vuole al suo fianco per diventare suo strumento di apostolato, ti dà la forza per continuare la missione di evangelizzazione che si manifesta in varie iniziative come il volontariato nei Paesi africani o la fondazione di un centro artistico finalizzato alla formazione di giovani di talento che abbiano il senso etico e morale nello svolgere una professione importante come quella di comunicare”.
Ancora più importante è trovare il modo di comunicare con Dio, di raccontargli con la preghiera della sera tutto quello che è successo nella giornata ed è stato fatto nel suo nome “lo ringrazio per il dono della fede e mi vengono i brividi ogni volta che penso a com’ero cieca nel voler cercare la felicità nelle cose terrene. Vedevo nel successo professionale l’unico motivo di appagamento interiore mentre l’unica gioia arriva dell’aiuto verso chi soffre, testimoniare la parola di Dio in un mondo sempre più materialista che ha smarrito la luce della verità”.
Una testimonianza personale che arriva direttamente dal passato proiettato in un futuro di speranza “camminavo al buio sul ciglio di un precipizio e non mi rendevo conto di quanto fosse inutile ostinarsi a cercare nelle cose terrene e nell’amore delle persone la soluzione della propria infelicità. La mia preghiera di ringraziamento a Dio si conclude sempre con la speranza che allunghi, come ha fatto con me, la sua mano verso coloro che non sanno come trovare la via della felicità e si perdono per le strade sbagliate del mondo. Io, nella mia umile persona, cerco di indicare a chi me lo chiede la via della preghiera per essere aiutati da Dio a tornare sulla via della salvezza”.
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IL DIALOGO DEL CUORE: Roberto Mancini
Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri.
Un campione d’umanità che dopo la conquista della Coppa agli Europei di calcio allo Wembley Stadium di Londra ha commentato con un velo di lacrime “dedico questa vittoria storica ai bambini che soffrono di tutto il mondo”. Sempre misurato durante i nostri incontri, sa essere riservato anche nei gesti di beneficenza. Come donare all’Ospedale Gaslini di Genova gli introiti del libro scritto con Gianluca Vialli La Bella Stagione o trasformare una serata di gala in aiuti per i bambini brasiliani o una cena ad Amatrice in solidarietà verso i terremotati. Che non ha mai dimenticato. Come non scorda di essere stato fortunato e un po’ di fortuna vuole regalarla ai bimbi dimenticati mettendo all’asta i suoi cimeli più significativi come la sciarpa della Sampdoria indossata a Wembley il 20 maggio 1992, la maglia del suo debutto, il 9 maggio 1982 in Bologna-Inter e quella della Nazionale del 1991.
Goodwill Ambassador UNICEF, ha spiegato che “per guidare una squadra ci vuole passione, per salvare la vita di un bambino ci vuole cuore”. E col cuore ha aderito alle campagne Vogliamo Zero contro la mortalità infantile, 100% Vacciniamoli Tutti, Aleppo Day sul dramma dei bambini siriani fuggiti dalla guerra. Dramma accomunato a quello dei minori stranieri non accompagnati che “il Mancio” denuncia come testimonial della campagna della Panini, quella delle figurine. Dove c’è anche la sua. Di campione. D’altruismo.
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IL DIALOGO DEL CUORE: Federica Pellegrini
Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
La Divina. Per i primati nel nuoto e le partecipazioni televisive. Ma la vera specialità di Federica Pellegrini è la beneficenza. Che fa in silenzio contrariamente al suo stile esuberante e comunicativo. Nulla di strano. Perché in lei galleggiano alcune contraddizioni come la paura di nuotare in mare nonostante abbia partecipato, unica donna al mondo, a cinque finali olimpiche nei 200 metri stile libero. Anche nell’ultima gara dove è uscita dall’agonismo per entrare nella leggenda ha salutato con la mano aperta com’è aperto il suo cuore regalando all’allenatore-fidanzato Matteo Giunta il merito di essere arrivata fin lì.
Per i fan è semplicemente Fede. E di di fede ne ha sempre avuta verso il prossimo tanto da organizzare un‘asta online con 59 cimeli sportivi a favore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo “non è stato facile privarmi di pezzi importanti della mia carriera, pezzi del mio cuore”. Un altro pezzo di storia olimpica l’ha donato alla Fondazione Provinciale della Comunità Comasca per aiutare gli anziani durante la pandemia.
La beneficenza non è solo cimeli. E’ anche immagine. Presenza. Fede è scesa in vasca per sostenere Croce Rossa Italiana e Segretariato Sociale della Rai negli aiuti alla Sardegna colpita dall’alluvione ed è stata testimonial della campagna Mare Pulito. Sensibile al dramma dei femminicidi e del doping ha aderito ai progetti Ferma il Bastardo e I am doping free. Abbinando la passione per le foto e il set al profondo senso di altruismo ha partecipato a un cortometraggio Telethon per la lotta alla SM e ha posato per il calendario Aipi Masks 2014 e Masks 2016 per l’Associazione Ipertensione Polmonare Italiana Onlus.
Lo sguardo le si vela di lacrime quando parla dei bambini che soffrono. Per aiutarli collabora con la Casa di Nazareth dell’Associazione volontari del Fanciullo e con ADMO per donare il midollo osseo “il sorriso di un bimbo guarito brilla più di qualsiasi medaglia”. Lei lo sa bene. Di medaglie se ne intende. Soprattutto di volontariato.
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Augurissimi di cuore a Luigia, detta Gina, Lollobrigida che spegne 93 candeline. La “donna più bella del mondo” è nata a Subiaco il 4 luglio 1927. Conosciuta universalmente come “la Lollo”, è diventa popolare come “la Bersagliera” accanto a Vittorio De Sica. E’ stata la Fata Turchina del PINOCCHIO televisivo di Comencini. Ha recitato con tutti i più grandi attori internazionali come Hudson, Lancater, Delon, Curtis. Diventata fotografa ha immortalato divi hollywoodiani come Paul Newman. Non ha mai accantonato l’arte di dipingere per la quale aveva studiato. “A ogni compleanno – mi ha confidato – parlo di progetti non di bilanci!…”.
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Durante la serata del 3 Dicembre 2018 presso il nostro Centro Diurno Stellapolare (Via Montecassino 8, Monza) abbiamo avuto il piacere di intervistare il Dott. Claudio Pollastri, giornalista Rai, famoso per le sue interviste trasversali a diverse personalità di una certa importanza come Madre Teresa di Calcutta, Obama, Papa Francesco e molti altri appartenenti al mondo dello spettacolo, sport, politica, ecc…
Ascoltate l’intervista completa
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Happy Birthday a Bob Dylan, nome d’arte di Robert Allen Zimmerman, che festeggia 80 anni. E’ nato a Duluth, Minnesota, Usa, il 24 maggio 1941. Il 13 ottobre 2016 gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura ritirato a suo nome dall’amica Patti Smith nella cerimonia ufficiale del 10 dicembre a Stoccolma. Dylan ritira il Premio in una cerimonia privata e blindatissima nell’aprile del 2017.
Buon Compleanno ad Al Bano, nome d’arte di Albano Carrisi, che festeggia 78 anni. E’ nato a Cellino San Marco, Brindisi, il 20 maggio 1943. “Gli
auguri che mi commuovono di più sono quelli di Pippo Baudo che mi ha lanciato…”, mi ha detto.
Happy Birthday a Cher, nome d’arte di Cherilyn Sarkisian LaPierre, che festeggia 75 anni. E’ nata a El Centro, California, Usa, il 20 maggio 1946. “Mi sento un po’ italiana perché sono stata sposata con Salvatore, detto Sonny, Bono…”, mi aveva spiegato il 4 novembre 1999 al Mediolanum Forum di Milano.
Auguri
“fichissimi” per un Compleanno “eccezzziunale veramenteeee” a Diego Abatantuono che festeggia 66 anni. E’ nato a Milano il 20 maggio 1955. Un augurio speciale al “terrunciello milanese i cento pe cento” da Stefania Sandrelli.
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Ci ha lasciato Franco Battiato. Aveva 76 anni. Era nato a Ionia, Catania, il 23 marzo 1945. Le condoglianze del Dalai Lama attraverso il suo portavoce in Italia, Chodup Lama.
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Happy Birthday a George Timothy Clooney che festeggia 60 anni. E’ nato a Lexington, Kentucky, Usa, il 6 maggio 1961. “Mi sento quasi italiano anche se non parlo la vostra-nostra lingua…”, mi ha spiegato a Venezia il 31 agosto 2017 dov’era ospite della 74^ Edizione della Mostra del Cinema.
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Happy Birthday ad Anthony Charles Lynton, detto Tony, Blair che festeggia 68 anni. E’ nato a Edimburgo, Regno Unito, il 6 maggio 1953. E’ stato Primo Ministro del Regno Unito dal 2 maggio 1997 al 27 giugno 2007.
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Happy Birthday
a David Robert Joseph Beckham che festeggia 46 anni. E’ nato a Londra il 2 maggio 1975. Fuoriclasse del Manchester United e del Real Madrid, ha sposato nel 1999 Victoria Adams, ex Spiece Girl, dalla quale ha avuto 4 figli. “Mi piacerebbe moltissimo giocare nel Milan…”, mi aveva confidato il 17 giugno 2006 ospite di Giorgio Armani. Aveva indossato la maglia rossonera nel 2009 e nel 2010.
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Buon Compleanno a Giovanni, detto Nino,
Benvenuti che festeggia 83 anni. E’ nato a Isola d’Istria il 26 aprile 1938. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, è stato Campione del mondo WBC nel 1965-66 e 1967-70. Smesso il pugilato ha fatto il giornalista e interpretato 3 film. Nel 1996 è stato volontario a Calcutta da Madre Teresa.
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Buon Compleanno alla Principessa Bianca Irene, Olga, Elena, isabella, Fiorenza, Maria D’Aosta Savoia che festeggia 55 anni. La figlia di Amedeo d’Aosta e Claudia d’Orleans è nata a Firenze il 2 aprile 1966. L’11 settembre 1988 ha sposato il conte Gilberto Arrivabene Valenti Gonzaga dal quale ha avuto 5 figli.
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IL FESTIVAL DI SANREMO …
Questa sera prenderà il via la 71.ma edizione del Festival di Sanremo che, pur in modalità del tutto particolare, non mancherà di assolvere alla sua funzione di condizionamento sociale, creando nuove mode e nuovi comportamenti, ma non solo…
“La storia del Festival di San Remo non è scritta soltanto dalla grande evasione di tv, Sorrisi e Canzoni. E tanto meno da quello che, davanti agli occhi di tutti, accade sul palcoscenico. Esiste infatti una storia segreta che attraversa tutto il dopoguerra italiano e le cui premesse nascono da una sorta di Progetto Sanremo ideato alla fine dell’Ottocento: un paradiso terrestre dove il gioco d’azzardo è il termine medio tra spionaggio internazionale e …”
Approfondimenti su questo argomento nel testo “IL LIBRO NERO DEL FESTIVAL DI SANREMO” che ci hanno presentato i due autori Romano Lupi e Riccardo Mandelli
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LIETI CALICI: UN VIAGGIO NELLA MUSICA DAL LAMBRUSCO ALLO CHAMPAGNE
DANIELE RUBBOLI
Giornalista professionista e musicologo modenese, membro dell’Accademia italiana della cucina, affronta l’argomento del connubio musica vino, assunto come testimonial. Lo scorrere del vino e la musica sono da sempre presenti nella storia, popolare e non, trovando rappresentazione nel teatro lirico, nel melodramma ma anche nella musica leggera come nelle canzoni d’autore. Ovunque c’è musica le persone non solo ballano, ma sognano e … brindano!
In una parrocchia è stato ritrovato un inno al vino che così si esprime:
“Già si dice nel Vangelo che chi non beve non va i cielo, come disse il Padre Eterno chi non beve va all’inferno, lassù in ciel Gesù Bambino beve sempre e solo vino ed il vecchio Abramo gran patriarca con il vino andava in barca, San Giuseppe il putativo se beveva era giulivo e Giovanni il Battista era sempre il primo in lista, e quell’altro San Giovanni lo bevette per cent’anni; San Gregorio detto il Magno con il vin faceva il bagno e nel vino San Tommaso ci metteva pure il naso, l’immortale Celestino sol beveva il Grignolino e da piccolo San Lucio lo succhiava con il ciuccio, Sant’Ambrogio di Milano predicò col fiasco in mano e con un sol bicchier di vino convertì Sant’Agostino, Sant’Antonio del porcello lo beveva dal mastello, San Giacomo il maggiore lo beveva a tutte le ore, e a quell’altro Giacomino piaceva tanto tanto il vino; Anna e le suore di clausura avean il fiasco alla cintura, mentre le cottolenghine se la fan con le cantine… ma anche noi un quartiletto lo beviam al divin banchetto perché inebria tutti quanti e ci fa diventar santi ed in cielo tra i beati noi berremo vino chianti andando a spasso in compagnia con Gesù e con Maria”.
Il libro “LIETI CALICI” è una documentata esposizione storica di quanto unisce il grande piacere della musica a quello altrettanto piacevole della musica. Si dice che il vino ben fatto sia una “poesia” ma si potrà scoprire come in realtà abbia influenzato intere generazioni di musicisti di ogni dove ed appartenenti ai più svariati generi.
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Giulio Andreotti
Serena e Stefano, due dei quattro figli (gli altri sono Marilena e Lamberto) di Giulio Andreotti hanno presentato in questa incontro l’ultimo libro dell’ex senatore “Il buono cattivo” pubblicato postumo in occasione del centenario dalla nascita. Il libro – come ricorda Serena – è stato da lei ritrovato mentre stava sistemando le carte del famoso e documentatissimo archivio del padre. Tra i documenti aveva trovato gli appunti scritti nel 1973 e che facevano parte di un libro impostato sullo stile narrativo, non saggistico e nemmeno politico, ma che tuttavia contiene i commenti su persone e fatti di quel periodo, trattati con l’abituale arguzia e ironia che lo avevano caratterizzato nella vita pubblica.
L’incontro con i due figli di Andreotti è stata l’occasione per scoprire alcuni particolari inediti della vita privata dell’uomo politico più temuto, celebrato, controverso del secolo scorso, alcuni aspetti conosciuti da tutti come la fede che lo portava ad andare a Messa tutte le mattine e l’altra incrollabile fede, quella calcistica per la Roma. Meno nota la passione per le corse dei cavalli sui quali scommetteva regolarmente e per il cinema americano in particolare, quand’era studente, per l’attrice Carol Lombard perché “gli uomini, anche politici, preferiscono le bionde”. Un occasione da parte del pubblico per farsi raccontare dai due figli anche i retroscena familiari dei drammi che hanno segnato la vita italiana e quella di Andreotti in particolare come l’assassinio di Aldo Moro.
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SCOPRIAMO ADRIANO CELENTANO
BRUNO PERINI, giornalista economista e giudiziario, interviene come ospite in occasione degli 80 anni di Celentano quale nipote intellettuale, figlio della sorella Maria, e presenta il suo libro “Memorie di zio Adriano” di cui ne racconta la vita dopo averla vissuta di persona. Non la solita biografia centrata solo sul personaggio, ma svolta in parallelo con il contesto socio politico, come per esempio il riferimento iniziale al 1938 con emissione delle leggi razziali in coincidenza con l’anno della sua nascita. Gli episodi sono notizie inedite con episodi sconosciuti, tratti alcuni dal racconto diretto della madre ed altri dallo stesso Adriano, visto come artista ma anche come zio giocherellone. Emerge la figura di una generosità totale e senza interessi nei confronti della famiglia, con un grande senso dell’amicizia, anche se talvolta non ricambiata e anzi proprio tradita utilizzando il suo nome e la sua carriera per interessi personali. Caratteristica delle sue apparizioni in televisione nei vari spettacoli è sempre stata la regola di una massima libertà di espressione e assenza di un copione prestabilito autorizzato. La sua storia, raccontata così da vicino, diventa così la nostra storia e l’ eccezionale grandiosità di questo mostro sacro della musica italiana assume un gusto piacevolmente familiare, così come con la stessa familiarità lo abbiamo conosciuto meglio grazie alla descrizione in diretta di questo amato, anche se talvolta contestato, nipote.
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