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Ma cos’è l’Arteterapia? Quando è nata?
L’Arte terapia è nata nel secondo dopoguerra.
La necessità era di curare i soldati rimasti traumatizzati dalle brutture vissute in guerra alle quali non riuscivano più a dare un nome, un significato, un suono.
Solo l’uso dei colori e dei segni li aveva poi portati a riconquistare la realtà del qui e ora, a dare un senso, un nome alle cose.
Attraverso i colori e i segni, potevano raccontare gli orrori che avevano vissuto in guerra, e che non riuscivano a urlare al mondo intero, se non attraverso le loro tracce, fatte di ricordi e sangue.
Così il rosso poteva diventare un tramonto.
Un segno, una porta da dove poter uscire.
Un giallo, un sole, dove poter intravedere la luce.
I Love Arteterapia, da sempre.
L’Arteterapia l’ho trovata un pomeriggio di autunno, nel lontano 1995.
Stavo tenendo un laboratorio artistico presso la UILDM di Monza con il Maestro Andrea Sala.
Mi è arrivata la scintilla, ho pensato che l’Arte avrebbe potuto salvare quei ragazzi!!
Così è iniziato il mio viaggio nell’Arte come Terapia, che non si è più fermato, e ringrazio quella Scintilla che mi ha aperto un Universo e permesso di conoscere tante bellissime Persone.
Il mio Viaggio nell’Arteterapia dura da ventisei anni, ed è appena iniziato.
SULLA PAZIENZA
“Bisogna, alle cose, lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione che viene dal loro interno e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce…
Maturare come un albero che non forza i suoi succhi e tranquillo se ne sta nelle tempeste di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.
Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente e vive come se davanti avesse l’eternità, spensierato, tranquillo e aperto…
Bisogna avere pazienza verso le irresolutezze del cuore e cercare di amare le domande stesse come stanze chiuse a chiave e come libri che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.
Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande, forse, piano piano, si finisce, senza accorgersene, col vivere dentro alle risposte celate in un giorno che non sappiamo”.
Rainer Maria Rilke
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