Le rubriche di Lucia Perfetti

Le rubriche di Lucia Perfetti

Ma cos’è l’Arteterapia? Quando è nata?
 
Arte e Terapia sono due fenomeni culturali distinti.
L’Arteterapia è una disciplina che utilizza i materiali e le tecniche dell’Arte e consente alla persona di esprimersi ed elaborare i propri vissuti interiori senza giudizio esterno attraverso l’attivazione della libera espressione artistica.
L’Arteterapia è un mezzo di sostegno dell’io e si avvale del linguaggio simbolico di forme e colori.
L’Arte terapia è nata nel secondo dopoguerra quando la necessità era di curare i soldati rimasti traumatizzati dalle brutture vissute in guerra alle quali non riuscivano più a dare un nome, un significato, un suono.
Solo l’uso dei colori e dei segni li aveva poi portati a riconquistare la realtà del qui e ora, a dare un senso, un nome alle cose.
Attraverso i colori e i segni, potevano raccontare gli orrori che avevano vissuto e che non riuscivano a urlare al mondo intero, se non attraverso le loro tracce, fatte di ricordi e sangue. Così il rosso poteva diventare un tramonto. Un segno, una porta da dove poter uscire. Un giallo, un sole, dove poter intravedere la luce.
Oggi l’Arteterapia è una professione non ancora storicizzata.
L’Arte del XXI suscita per le diverse espressioni non verbali uno studio particolare. Di questi tempi si sono succeduti e trasformati, con grande rapidità, molti più avvenimenti che in qualsiasi epoca precedente. Si sono verificati diversi mutamenti nella stessa espressione artistica dovuti a una Società in continua trasformazione di mode e di ideali.
In Italia, alla fine degli anni ’70 e agli inizi degli anni ’80, sono nati molti laboratori che hanno conquistato dignità e visibilità, incoraggiando gli operatori a divenire professionisti specializzati in un’attività svolta più in strutture private che pubbliche ma dalla fine degli anni ’90 l’arteterapia è stata riconosciuta nelle Strutture sanitarie pubbliche come attività riabilitativa vera e propria.
L’ esperienza personale mi ha portato a verificare come la libera espressione artistica possa dare al singolo gioia, libertà, presenza nel Qui e Ora, donando libertà di Essere, indipendentemente dallo stato psicofisico della persona.
Solitamente le persone che decidono di partecipare a un ciclo di laboratori di Arteterapia sono incuriosite, non sanno bene cosa succederà, poi, via via, si appassionano agli incontri, si mettono all’ascolto della propria traccia, degli altri, scoprono, attraverso il silenzio, i segni che gli appartengono, la possibilità di dialogare liberamente e darsi riposte in un ambito protetto, senza essere giudicate
Quando si decanta un segno, all’interno del Laboratorio, lo stato catartico che si crea nel lasciare la traccia, è un momento, Oltre, un Nirvana del tutto personale, riservato alla bellezza dell’Essere stesso.
E’ qui che nasce il Segno. Dal vero Sé. Dall’accettazione del proprio stato, dall’ascolto e dal coraggio di lasciare una traccia che arriva direttamente dal cuore. Nell’Arteterapia non esiste il bello o il brutto.
Gli incontri non servono per imparare a disegnare ma sono momenti per sostare a pensare, per comprendere dove si è, poter prendere coscienza e scegliere la propria rotta attraverso il Processo Creativo. Nei percorsi di arteterapia di gruppo si diventa “complici” e affiatati. Ogni singolo partecipante apporta al gruppo un contenuto inedito e prezioso da condividere.
Nel laboratorio di libera espressione artistica, il partecipante meno propenso al disegno sarà più spontaneo di un Artista che ha già strutturato un suo stile e un suo segno. Nulla vieta di organizzare un laboratorio con persone di età, interessi, sesso, professione, origini, differenti.
Ognuno porterà la propria storia e il suo personalissimo rapporto con i colori, le tecniche e lo spazio del foglio.
Nell’Arteterapia non sono contemplate esposizioni. Gli elaborati appartengono al singolo partecipante. A prescindere che l’importante è il processo, è a scelta di chi ha prodotto l’opera, decidere cosa farne del proprio elaborato, a meno che, all’inizio degli incontri, non si decida di fare una mostra perché parte dell’accordo terapeutico iniziale.
La mostra stessa può essere l’obiettivo del percorso, ma sarà sempre l’autore dell’opera a decidere se esporre o no. I disegni sono paragonati a cartelle cliniche.
 
 
 
 
 
 

♦•♦•♦•♦•♦

 

 

 

♦•♦•♦•♦•♦

 

Ma cos’è l’Arteterapia? Quando è nata?

L’Arte terapia è nata nel secondo dopoguerra.
La necessità era di curare i soldati rimasti traumatizzati dalle brutture vissute in guerra alle quali non riuscivano più a dare un nome, un significato, un suono.
Solo l’uso dei colori e dei segni li aveva poi portati a riconquistare la realtà del qui e ora, a dare un senso, un nome alle cose.

Attraverso i colori e i segni, potevano raccontare gli orrori che avevano vissuto in guerra, e che non riuscivano a urlare al mondo intero, se non attraverso le loro tracce, fatte di ricordi e sangue.
Così il rosso poteva diventare un tramonto.
Un segno, una porta da dove poter uscire.

Un giallo, un sole, dove poter intravedere la luce.
I Love Arteterapia, da sempre. 

L’Arteterapia l’ho trovata un pomeriggio di autunno, nel lontano 1995.
Stavo tenendo un laboratorio artistico presso la UILDM di Monza con il Maestro Andrea Sala.
Mi è arrivata la scintilla, ho pensato che l’Arte avrebbe potuto salvare quei ragazzi!!
Così è iniziato il mio viaggio nell’Arte come Terapia, che non si è più fermato, e ringrazio quella Scintilla che mi ha aperto un Universo e permesso di conoscere tante bellissime Persone.
Il mio Viaggio nell’Arteterapia dura da ventisei anni, ed è appena iniziato. 

 

SULLA PAZIENZA 
“Bisogna, alle cose, lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione che viene dal loro interno e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce…
Maturare come un albero che non forza i suoi succhi e tranquillo se ne sta nelle tempeste di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.
Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente e vive come se davanti avesse l’eternità, spensierato, tranquillo e aperto…
Bisogna avere pazienza verso le irresolutezze del cuore e cercare di amare le domande stesse come stanze chiuse a chiave e come libri che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.
Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande, forse, piano piano, si finisce, senza accorgersene, col vivere dentro alle risposte celate in un giorno che non sappiamo”.
Rainer Maria Rilke

Info sull'autore

acubrugherio administrator

Lascia una risposta